Autocompassione e disturbi alimentari: una chiave per la guarigione

Autocompassione e disturbi alimentari: una chiave per la guarigione

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L’autocompassione non è solo l’assenza di auto-giudizio, ma comporta il trattare noi stessi con gentilezza e il riconoscere che la sofferenza, l’inadeguatezza, gli errori e il fallimento fanno parte dell’essere umano.

autocompassione e disturbi alimentari

Una ricerca di Warren, Smeets e Neff (2016) ha esplorato i ruoli dell’autocritica e dell’autocompassione nei disturbi psicologici. Hanno scoperto che l’autocritica è fortemente legata a problemi di salute mentale come la depressione, l’ansia e i disturbi alimentari.

Allo stesso modo, uno studio sui soggetti che soffrono di disordini alimentari da abbuffate, di Dunkley e Grilo (2007), ha trovato che l’autocritica è legata all’insoddisfazione del corpo e alla sopravvalutazione della forma e del peso corporeo.

AUTOCOMPASSIONE: UNO STRUMENTO PER GENERARE SALUTE MENTALE

Una ricerca di Warren, Smeets e Neff ha scoperto che l’autocompassione salvaguarda le persone dall’insoddisfazione del corpo e genera apprezzamento del corpo.

La tendenza ad essere altamente autocritici di solito si sviluppa durante l’infanzia come risultato della restrittività dei genitori, dell’eccesso di controllo e della mancanza di calore parentale.

L’autocompassione, invece, si sviluppa attraverso relazioni positive e di sostegno con i genitori ed è fortemente legata alla buona salute mentale e a livelli più bassi di depressione, ansia e disturbi alimentari.

COME L’ECCESSIVA AUTOCRITICA PUO’ INNESCARE E MANTENERE I DISTURBI ALIMENTARI

Quando le persone altamente autocritiche soffrono, hanno la tendenza a giudicare il loro dolore come un segno che sono imperfette o anormali, e a dire a sé stesse che dovrebbero essere in grado di affrontare meglio le loro emozioni.

Pertanto, riconoscere la loro sofferenza, piuttosto che ignorarla o respingerla, può rappresentare una sfida per le persone altamente autocritiche. Trovano più difficile coltivare l’autocompassione e si sentono ansiose nel farlo, specialmente se hanno subito abusi o trascuratezza durante l’infanzia.

Gli autocritici hanno inoltre spesso idee sbagliate sull’autocompassione, credendo che questo li renderà in qualche modo meno motivati e più deboli.

L’AUTOCOMPASSIONE AIUTA AD AFFRONTARE SENZA TIMORE TUTTE LE SFIDE DELLA VITA

La ricerca mostra che è vero il contrario: le persone altamente auto-compassionevoli hanno meno paura del fallimento, hanno più probabilità di continuare a provare e quindi di avere successo.

L’autocompassione contribuisce anche a far sentire le persone più forti e ad affrontare le sfide della vita. Aumenta i comportamenti che favoriscono il benessere, come l’esercizio fisico, l’adesione alle diete, il consumo ridotto di alcol e la rinuncia al fumo.

PROTOCOLLI DI TERAPIA PSICOLOGICA BASATI SULL’AUTOCOMPASSIONE

Se sei interessato a sviluppare l’auto-compassione come parte del tuo recupero, esistono diversi tipi di terapie psicologiche che costituiscono trattamenti efficaci per i disturbi alimentari che si concentrano proprio sullo sviluppo dell’auto-compassione.

Queste includono:

  • la Terapia della Compassione
  • l’Auto-compassione Consapevole
  • la Terapia dell’Accettazione e dell’Impegno (ACT)

AUTO-AIUTO BASATO SU UN LAVORO DI AUTOCOMPASSIONE

Se preferisci cominciare a coltivare l’autocompassione da solo, il dottor Russ Harris (un terapista ACT) ti suggerisce di iniziare seguendo due passi principali:

1. Riconosci la tua sofferenza

Per sviluppare l’autocompassione, bisogna prima riconoscere la propria sofferenza come si farebbe con un amico o con un parente, invece di lanciarsi immediatamente in un discorso critico e giudicante.

Quando soffri, chiediti “se il mio amico soffrisse in un modo simile, cosa direi per riconoscerlo con calore, gentilezza e premura?

La maggior parte delle persone trova utile dare un nome all’emozione che provano e riconoscere la loro sofferenza in modo consapevole. Per esempio, dire a sé stessi “mi accorgo della sensazione di essere in ansia” è molto meglio che dire “sono davvero in ansia”.

Il primo passo per sviluppare l’autocompassione è notare e riconoscere consapevolmente la propria sofferenza con apertura, curiosità e genuina preoccupazione e gentilezza.

1. Rispondi alla tua sofferenza con gentilezza

Sviluppare la capacità di parlare gentilmente con sé stessi è fondamentale per rispondere con gentilezza e premura.

Sviluppare l’autocompassione aiuta a ridurre il potere dei toni duri che usiamo con noi stessi, imparando a districarci dai rigidi autogiudizi. Districarsi da questi pensieri significa che ci si sente meno inclini a crederci.

La maggior parte di noi cerca di trattare gli altri in modo gentile e compassionevole. Ci preoccupiamo della sofferenza dei nostri amici, riconosciamo le loro qualità positive e cerchiamo di essere premurosi e solidali.

Non ci sogneremmo mai di dire cose come “Fattene una ragione!”, “Riprenditi!” o “Smettila di piagnucolare!”.

Se un tuo amico o una persona cara soffrisse e tu volessi mostrare loro compassione, una volta che hai riconosciuto la loro sofferenza, chiediti “cosa potrei dire dopo?”. Probabilmente sarà qualcosa come “Sono qui per te e voglio aiutarti”.

La prossima cosa da fare è dire qualcosa di simile a te stesso. Se hai commesso un errore, potresti ricordarti che a volte tutti commettono degli errori. Potresti dire qualcosa come “Alla fine sono solo un essere umano” o “Non essere così duro con te stesso”.

Parlare gentilmente con sé stessi significa ricordarsi che la sofferenza è inevitabile e che la vita è piena di sfide e di avversità.

Si commettono inevitabilmente errori, si viene respinti e si sperimenta il dolore lungo il cammino, proprio come ogni persona che ha vissuto.

È compassionevole ricordare a sé stessi che ognuno è diverso e risponde alla sofferenza in modi diversi. La sofferenza è qualcosa che tutti gli esseri umani hanno in comune: non sei solo.

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